Monaci,  agricoltura e tecnologie alimentari nel Medioevo (Silvia Testi)

  • I monaci sono uomini e donne si ritirano dal mondo per vivere penitenti in relazione con Dio. I primi monaci cristiani sono presenti in Egitto alla fine del III secolo, quando le persecuzioni contro i cristiani volgevano al termine. In Occidente il movimento monastico trova la sua migliore organizzazione nella Regola di S. Benedetto (490-547), che dà norme per la vita spirituale e materiale e si sintetizza nella frase “ora et labora”. La vita del monaco è scandita dalla preghiera e dal lavoro, attività che hanno pari dignità, e si svolge prevalentemente all’interno dell’abbazia. A differenza del mondo classico il monachesimo dà valore spirituale al lavoro manuale; infatti allontana l’ozio, padre dei vizi, permette di collaborare all’azione creatrice di Dio, è un’occasione di penitenza, che unita alla povertà e all’umiltà è una delle caratteristiche dei monaci, fa crescere il senso di appartenenza alla comunità. Inoltre in ogni lavoro bisogna aver cura del bene comune, svolgendolo in silenzio e senza competizione, ma facendo squadra; quindi ogni lavoro deve essere visto come occasione di miglioramento spirituale.
  • Nella Regola Benedettina per lavoro manuale si intende soprattutto la copiatura dei codici manoscritti e l’attività di piccolo artigianato. Il lavoro dei campi, fonte principale di sostentamento, è svolto dai monaci solo in situazioni di bisogno e povertà. L’organizzazione del lavoro agricolo cambia con i monaci dell’ordine cistercense, attraverso l’istituzione della figura del converso e l’introduzione del sistema delle grange. Prima di tutto devono essere regimentate le acque per bonificare i terreni e per avere all’interno del monastero le risorse necessarie per il consumo, l’igiene e le funzioni religiose; poi l’intenso lavoro dei campi e l’allevamento devono garantire prima di tutto il sostentamento della comunità. I monaci cistercensi accettano di fare gli agricoltori (paysan) occupando il più basso gradino della scala sociale e diventano i promotori di una evoluzione della paysannerie, perché  i paysan sono accettati  e valorizzati in un Ordine religioso. La regola, infatti dice: “il vitto per i monaci del nostro Ordine, deve provenire dal lavoro manuale della coltivazione della terra e dall’allevamento del bestiame. Perciò ci è lecito possedere per le nostre necessità, corsi d’acqua, boschi, vigne, terreni lontani dai centri abitati, animali”.
  • Molti elementi concorrono alla buona riuscita dell’economia cistercense: la gestione diretta del patrimonio, un grande senso di responsabilità di monaci e conversi, la gestione oculata delle risorse, l’organizzazione in grange sotto la responsabilità di un converso esperto, l’adattamento alle attitudini di ogni regione, il perfezionamento delle tecniche ricevute, la varietà e qualità delle produzioni, lo scambio di informazioni tra gli abati che s’incontrano al Capitolo generale annuale

Tutti questi elementi fanno sì che non solo si raggiunga l’autosufficienza, ma si producono eccedenze.

 

Regola di S. Benedetto

La vita monastica proposta da S. Benedetto prevede di vivere in comunità, di pregare in coro 7 volte al giorno, di ubbidire all’abate, di non possedere nulla, di lavorare senza tornaconto economico, di accettare una dieta vegetariana. Per vivere questo ideale si costruiscono abbazie che diventano delle cittadelle autarchiche. Attorno al chiostro si trovano i più importanti locali e tra le mura del complesso sono costruiti tutti i laboratori.

Preghiera

Nell’abbazia si celebra ogni giorno la S. Messa (sacrificio di Cristo) sia privata che comunitaria, si recita l’Ufficio divino, composto principalmente dai Salmi, sette volte al giorno, e si leggono brani della Bibbia. Vengono anche praticate le opere di misericordia (carità) curando i malati, distribuendo cibi durante le carestie, alloggiando i pellegrini e insegnando agli ignoranti.

Lavoro

Secondo la Regola i monaci “sono veramente tali quando vivono del lavoro delle proprie mani come i padri e gli apostoli”. Tuttavia, sempre secondo la Regola, “Il monastero, poi, deve essere organizzato in modo che al suo interno si trovi tutto l’occorrente, ossia l’acqua, il mulino, l’orto e vari laboratori, per togliere ai monaci ogni necessità di girellare fuori, il che non giova affatto alle loro anime.” Quindi i monaci svolgono il lavoro agricolo attorno all’abbazia, le terre lontane dal monastero sono affidate a coloni, mezzadri, affittuari.  Cercano di possedere terre in luoghi climatici diversi, così da poter usufruire di beni agricoli diversificati e ricchi di materie prime differenti. I benedettini hanno poi rendite dai possedimenti terrieri come gli altri signori feudali e ricevono i benefici economici dalle chiese che sono sui loro terreni.

Ordine cistercense

Nel 1098 viene iniziata a Citeaux (Francia) una riforma benedettina caratterizzata da un grande rigore nell’applicazione della Regola. Fondata da S. Roberto abate di Molesme, trova in  S. Bernardo di Clairvaux, genio di spiritualità, teologia e mediazione politica,  il grande propagatore di questa riforma che prende il nome di Cistercense. Caratteristiche della vita monastica cistercense sono la preghiera comunitaria e privata, la devozione alla Madonna e la vita di penitenza ossia con povertà, digiuni, obbedienza, accettazione di lavori umili e faticosi come quelli agricoli (associati ai dolori di Cristo). L’organizzazione dell’ordine è strutturata in abbazie madri e abbazie figlie, con un capitolo generale al quale partecipano tutti gli abati che mantiene l’uniformità in ogni parte d’Europa. La scelta dei luoghi dove costruire una nuova abbazia è dettata da criteri precisi: la ricerca del “desertum”, dell’isolamento, è attuata attraverso la predilezione per terreni incolti, abbandonati, boscosi e paludosi.

Conversi

Nell’Ordine cistercense è presente una netta divisione tra monaci (di coro) e fratelli conversi. Occupano spazi diversi  nell’abbazia e vestono diversamente. I monaci si occupano dei laboratori e dei campi vicini all’abbazia, mentre i conversi lavorano soprattutto nelle grange, aziende agricole    lontane dall’abbazia. I conversi consacrano il loro tempo ad una buona riuscita materiale delle abbazie e delle grange.Dovevano obbedienza, vivevano in povertà e silenzio, ma in alcuni casi sbrigavano uffici per l’abbazia. Erano divisi in gruppi: uno svolgeva i lavori domestici in abbazia (cucina, pulizia, giardino) e si occupava di laboratori, un altro viveva nelle grange, di cui aveva piena responsabilità (maestro di grangia). Sono diventati un piccolo corpo di esperti e specialisti delle attività agricole proprie di una regione. Anche all’interno del monastero occupano spazi divisi e i conversi risiedono e lavorano negli spazi più vicino all’ingresso perché spesso le loro mansioni li portano all’esterno dell’abbazia.

Grange

Le grange sono fattorie dipendenti dalle abbazie cistercensi. Oltre che di locali da lavoro erano dotate di cucina, refettorio, chiesetta, piccoli locali per gli ospiti ed erano recintate. Spesso sono specializzate in una produzione: cereali,  viti, olive, nocciole, castagne,  sale,  allevamento.

Vitto

Tra le penitenze che la vita monastica s’imponeva c’era quella di non mangiar carne, ritenuta dal “mondo” il migliore dei cibi. Inoltre vi erano lunghi e numerosi periodo di digiuno in cui si prendeva un solo pasto dopo le 3-4 del pomeriggio. Vi erano giorni di festa in cui i pasti, anche se vegetariani, erano squisiti e abbondanti. La dieta monastica era costituita principalmente da verdure, soprattutto fave, da pane generalmente fresco o bis cotto, da uova in grande quantità, frutta secca, pesce. Altri alimenti ammessi, anche se di origine animale, erano, formaggio, burro e strutto.

 

Eccedenze

Dopo aver prodotto tanto cibo, nell’eccellente economia monastica, occorre conservarlo per quei periodi dell’anno in cui la terra non dà frutti. Tanto più si vive in zone fredde tanto più è necessario disporre di cibo per i lunghi inverni. Salatura, asciugatura, affumicatura, cottura sono i metodi più diffusi per conservare. Uno dei prodotti più difficili da conservare era il latte, perciò la trasformazione in formaggio, specie quello a pasta dura, è il modo migliore per non sprecare l’eccedenza di latte.